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In un'epoca in cui lo studio del romanzo si riduce sempre più spesso all'analisi del plot, la forma è la grande trascurata. Eppure ciò che distingue il romanzo dalla semplice narrativa sembra consistere proprio nella sua possibilità di invenzione compositiva. Da dove attingere allora l'ispirazione di forme nuove se non dalla musica, arte "formale" per eccellenza? Strutturato come una partitura, questo saggio esplora il modo in cui diversi romanzieri del XX secolo hanno rielaborato il principio della variazione su tema, già considerato dai compositori più illustri come la forma delle forme. Se alcuni romanzieri vi hanno rintracciato il modo di trasmettere una percezione disgregata della realtà, autori come Marcel Proust, Danilo Kis e in particolare Milan Kundera lo hanno tradotto in una forma coerente, capace di conciliare l'aspirazione cosmologica propria dell'arte con lo spirito ironico che contraddistingue il romanzo e di cogliere il codice esistenziale di una particolare categoria di individui: quella dei lettori di romanzi.